FacebookTwitterGooglePinterestVimeoYouTubeFeed

MYANMAR – LUOGO INESPLORATO E PIENO DI SORPRESE

Amici del Mare, un’altra vacanza WAC ci porta di nuovo, e non a caso, nel sud-est asiatico. Un angolo del pianeta che amiamo particolarmente sia per le bellezze naturalistiche, sia per la dolcezza e l’ospitalità della sua popolazione. Questa volta la scelta è caduta su due paesi confinanti: il Myanmar e la Thailandia.

L’ex Birmania, solo da pochi anni riaperta al turismo per le ragioni che tutti tristemente conoscono, ci attirava già da un po’ per via della sua bellezza selvaggia e dei suoi fondali solo parzialmente esplorati.

picasa_albumid=5992884470648227809 

Osservando la carta della costa Birmana si scopre che una miriade di isole si elevano da un basso fondale che si estende per diversi chilometri verso il mare aperto. Il gruppo di isole prende il nome generico di Mergui .E’ ovvio che una tale quantità di isole ha costituito un’attrattiva irresistibile per i subacquei, noi compresi, nel momento in cui la Birmania ha deciso di aprire le porte al turismo .Altrettanto ovvio il fatto che, per questioni logistiche, la crociera è l’unico modo per esplorare i fondali di questo paese.

Dopo un volo di circa 12 ore ed una sosta nella capitale della Malesya ,che riusciamo anche parzialmente a visitare grazie al lungo scalo, arriviamo a Phuket, punto di partenza della nostra nuova avventura.
Giungiamo via terra fino al porto di Tap-lamu dove ci aspetta la nostra barca, il Colona VI, sulla quale alcuni di noi era già stato ospite in occasione di una precedente crociera nell’arcipelago delle Similan. L’accoglienza cordiale e cortese dell’equipaggio ci accompagnerà dal primo all’ultimo giorno facendoci sentire sempre rispettati e coccolati. La cura del cliente che si ha in questa parte del mondo ci colpisce sempre molto positivamente. Inizia così una settimana all’insegna dell’esplorazione delle ricche acque di questa zona e di alcune delle sue incantevoli isole .Le prime immersioni sono come sempre meno impegnative ,si deve prendere di nuovo confidenza con le attrezzature e con i ritmi non proprio rilassanti della crociera .Ma già dai primi tuffi si intuisce l’abbondanza di vita e colori di questi fondali. In queste acque dimorano giganteschi ventagli di gorgonie, vivacissimi alcionari e distese di anemoni che a volte tappezzano interi massi di roccia granitica .Uno scenario subacqueo molto particolare e sicuramente indimenticabile.
Prima di puntare la prua del Colona verso la destinazione più a nord del Safari, Black Rock, lo staff  ci regala la possibilità di visitare un paio di isole disabitate. La sensazione che ci avvolge è di completa armonia con la natura; il silenzio è rotto solo dalle nostre esclamazioni di stupore nel vedere il    contrasto tra il biancore delle spiagge e il nero dei massi granitici , tra il blu cobalto del mare in cui ci siamo immersi fino a poco prima e il verde della foresta tropicale. Che dire, questa volta possiamo parlare davvero di isola deserta e incontaminata. Ci ricarichiamo di sole ed energie e nel salutare questo posto incantevole siamo fieri di aver lasciato su di esso le uniche cose che un turista dovrebbe lasciare su una spiaggia : le proprie impronte. Si torna a bordo e all’indomani della nostra esperienza da moderni Robinson Crusoe  ci svegliamo  con la prua della barca che punta verso la meta più ambita del safari :lo scoglio di Black Rock. Come dice il nome stesso si tratta di una roccia e non di un’isola. Precisamente è una guglia di roccia scura che emerge per qualche decina di metri dall’oceano e poggia su un fondale di una quarantina di metri. Facciamo più di un tuffo in questo sito visto che una sola immersione non è sufficiente per compiere il periplo dello scoglio. Ma già alla sua prima esplorazione veniamo emozionalmente colpiti da uno degli spettacoli più belli che un subacqueo possa trovare in mare .Una gigantesca manta, per niente intimorita della nostra presenza, ci delizia di un elegante balletto inseguita dall’inseparabile corteo di remore. Una splendida immagine che rende soddisfatti soprattutto i fotografi e gli operatori del gruppo. Dopo averci fatto compagnia per un po’, la manta si allontana; seguiamo  con gli occhi per un tratto quella sorta di disco volante degli abissi e continuiamo la nostra immersione. Notiamo i tappeti di alcionari dai mille colori che caratterizzano anche altri fondali della zona. Non sono grandissimi in quanto a dimensioni ma sono capaci di coprire ogni centimetro quadrato di parete. Oltre a questi e alle immancabili gorgonie, decine e decine di crinoidi si aggrappano ovunque facendo da sfondo al passaggio di tutti gli esemplari della fauna locale : pesci vetro, variopinti pesci pappagallo, simpatici pesce scatola, affusolati pesci trombetta. Buttando lo sguardo nel blu poi, niente di più facile che vedere banchi di fucilieri, barracuda e carangidi. Insomma, anche se la visibilità non è stata proprio il massimo per via della ricchezza di plancton, le immersioni a Black Rock non hanno deluso le nostre aspettative anzi proprio per lo stesso motivo ci hanno sempre lasciati molto soddisfatti; ma è tempo di lasciare il mare birmano e riprendere la rotta del Sud. Direzione Phuket. Il viaggio di ritorno è ricco ancora di tanti siti da esplorare; c’è Richelieu Rock, sicuramente uno dei punti d’immersione più famosi di tutta la Thailandia. Situato ad est delle isole Surin, questo pinnacolo emerge durante la bassa marea e scompare durante l’alta .Grazie al fatto che qui c’è sempre corrente, la varietà di vita è infinita. La coesistenza di piccole creature come i cavallucci marini, i gamberetti arlecchini e molte varietà di pagliacci e di grandi esemplari, come le murene, le cernie e i barracuda, rendono questo sito un vero paradiso per i fotografi subacquei. Ancora più a sud ci attende Koh Bon dove la possibilità di avvistare le mante è davvero molto alta visto che questa è una cosiddetta “cleaning station” per questi animali. Visitiamo il sito sia di giorno che di notte, quando la luce fioca delle nostre lampade è l’unica fonte di illuminazione e rende ancora più magica la nostra esplorazione.

Prima di concludersi il safari ci regala anche l’emozione di visitare un relitto ubicato a soli 13 miglia dal porto dove ci siamo imbarcati e dove sbarcheremo. Anche se non è molto importante dal punto di vista storico, trattasi infatti di una semplice draga, questo relitto (diviso in 5 parti dallo tsunami del 2004) offre una quantità di vita senza uguali. Pesci scorpione e scorfani di vario tipo si mimetizzano tra i tronconi e nella sabbia, in ogni anfratto murene di ogni specie e dimensione, qui e la banchi giganteschi di triglie tropicali che si muovono all’unisono tingendo di giallo il profilo del relitto. Insomma anche l’ultimo tuffo ci riserva sorprese e argomenti di cui parlare quando si torna a bordo. Tra briefing ed immersioni, relax e belle chiacchierate, manicaretti e sole, otto giorni sono davvero passati in fretta .Ma è tempo di tornare a terra, è tempo di smettere di pinneggiare e riprendere a camminare. Per riposarci e divertirci dopo tanto navigare scegliamo un posto che era già stato meta di un altro viaggio Wac :l’isola di Phuket!!!Non è nostra abitudine tornare due volte nello stesso posto ma anche questa volta abbiamo deciso volentieri di passare qualche giorno qui per due motivi: il primo è  che l ‘isola  è un punto strategico per fare tra le più belle escursioni di tutta la Thailandia.

Phi Phi Island ,Krabi, le isole similan sono meravigliose mete alla portata di tutti con solo un’ora di navigazione o poco più. Tra il ventaglio di opzioni offerto dalle varie compagnie locali scegliamo di visitare la baia di Phang nga. Situata a nord ovest di Phuket, questa baia  che si estende per una superficie di oltre 400 kmq e ospita quaranta isole maggiori e centinaia di falesie, non è famosa né per le spiagge bianche né per le acque cristalline ma per la spettacolarità del suo paesaggio carsico. Tutta l’area è protetta dall’istituzione di un parco Nazionale nato nel 1981 ed è visitabile con varie modalità. Noi scegliamo una compagnia che offre la possibilità di fare spostamenti sia in canoa che con affusolate barche a motore.
Data la natura calcarea delle isole molte di queste sono scavate da spettacolari grotte orizzontali percorribili solo da kayak e solo in alcuni momenti della giornata, ovvero quando la marea lo consente. Alcune di esse sono molto lunghe, come la “Bat Cave”, grotta che ospita, come dice il nome stesso, una numerosa colonia di pipistrelli. Altre sono più corte ma decisamente più interessanti dal punto di vista geologico. E’ il caso della “Grotta dei diamanti” che deve il suo nome ai cristalli di calcite concrezionati su alcune stalattiti e che, se ben illuminati, danno più l’idea di stare in un negozio di gioielli che in una cavità sotterranea. Sia l’una che l’altra sfociano in inaspettate lagune a cielo aperto ricche di piante di ogni genere e suoni della natura. Il prevalente è quello delle cicale che fa da colonna sonora al nostro fluttuare silenzioso. Prima che la marea si alzi nuovamente  i nostri esperti paddle man, i guidatori delle canoe, ci conducono fuori. Prossima meta il dedalo di canali di quella che è la primaria foresta di mangrovie della Thailandia. La foresta è costituita da piante di diversa specie ma tutte accomunate dal fatto che riescono a sopravvivere in acque saline; questo è possibile perché sono dotate di ghiandole poste sulle foglie che essudano l’ acqua salata in eccesso. Ci spiegano che queste piante hanno molte funzioni, tra cui anche quella di nursery della fauna locale : nell’intreccio legnoso delle radici trovano infatti protezione i piccoli di molte specie acquatiche. Resteremmo per ore ed ore a farci condurre in quel fatato e verde labirinto ma l’escursione ha ancora tanto da offrire. Cambiamo mezzo e dalle canoe passiamo al long tail boat, colorata imbarcazione locale che ci conduce prima sulla popolare  James Bond Island, luogo di richiamo turistico sia perché è stato set di uno dei film del più famoso agente segreto britannico, sia perché nella sua baia si erge una formazione rocciosa talmente erosa alla base da rimanere in piedi misteriosamente, eppoi sul Panyee village. Questo è un suggestivo villaggio di palafitte ridossato ad una imponente scogliera calcarea abitato da una comunità di pescatori musulmani di origine Indonesiana. Dopo aver gustato un delizioso pranzo a base di pesce,ci perdiamo nel groviglio di stradine, profumi e colori dell’isola…ma soprattutto ci perdiamo nel sorriso dei bambini che incontriamo nel complesso scolastico. Festosi, chiassosi, bellissimi.
Prima di lasciare la baia tocchiamo il punto più a nord dove disegni rupestri testimoniano che insediamenti umani erano qui anche 4000 anni fa

A parte la facilità di scegliere un’escursione piuttosto che un’altra, un altro motivo che ci ha portati nuovamente a Phuket, è che noi non crediamo che questa  sia diventata una provincia commerciale dove il turismo di massa la fa da padrona. Questa affermazione è senz’altro vera ma riguarda solo una porzione dell’isola, quella situata a sud ovest della stessa.

Qui si trova la massima concentrazione di alberghi, stellati e non. Questa è la parte dell’isola scelta da chi predilige il divertimento sfrenato, le spiagge affollate, le strade congestionate dai rumorosi e colorati tuk tuk e che ha fatto si che Phuket fosse definita la Miami D’Oriente!

Ma noi riteniamo che l’isola abbia un’altra faccia: quella delle strade polverose che attraversano le piantagioni di banano dove è possibile vedere ancora le capanne in paglia, quella del mistico fervore dei decorati templi buddhisti, quella degli zingari del mare, con il loro carico di storia e tradizioni.
I più esperti di noi decidono di organizzare un tour alla scoperta della Phuket meno popolare e siccome lo spirito avventuroso del nostro gruppo è sempre presente e accomuna tutti i suoi membri decidiamo di intraprendere il giro dell’isola con un mezzo decisamente alternativo : lo scouter!!

Via dunque…tutti in sella, e superato l’impasse della guida a sinistra ci ritroviamo in meno di due minuti avvolti dal verde intenso di una vegetazione perennemente  lussureggiante grazie al clima umido e ai frequenti rovesci. La strada che taglia la collina del sud dell’isola e che collega la costa est alla costa ovest è un’esplosione di piante di ogni genere, una vera panacea per noi che veniamo dalle nostre trafficate e inquinate città. Ai margini della strada varie compagnie locali offrono la possibilità di fare trekking a dorso d’elefante. Non ci facciamo perdere l’occasione di conoscere più da vicino questi simpatici pachidermi che ,sapientemente condotti, ci fanno fare una bella  passeggiata nella collina coperta di piantagioni di caucciù fino al punto più alto, dove si scopre un incantevole scorcio della spiaggia e del mare di Kata beach. Questa passeggiata ci proietta indietro nel tempo quando gli elefanti erano l’unico mezzo di trasporto di questa popolazione. Ma il nostro tour è solo all’inizio, e dopo aver omaggiato i nostri mastodontici  amici di foglie e frutta li salutiamo con una carezza sulla proboscide per raggiungere la prossima meta: Il Big Buddha di Chalong. Costruita in posizione dominante sulla collina che si affaccia sulla baia di Chalong,  il Big Buddha è un’enorme struttura su due livelli che nasce e cresce grazie alle donazioni di fedeli e turisti. Visitiamo la parte inferiore dove si trova un enorme capannone nel quale i monaci celebrano le loro funzioni, e dove si trovano la statua di Siddartha (il vero nome del Buddha prima dell’Illuminazione) e del re Rama V. Ma è la parte superiore ad attirare la nostra attenzione. Saliamo gli scalini accompagnati dal profumo d’incenso e dal suono delle campanelle votive apparse ovunque e giungiamo al cospetto di un colosso di 45 metri realizzato in marmo burmese che è al momento il Buddha eretto più alto dell’intera nazione. Una mano protesa verso il cielo ed una verso la terra, il volto serenamente sorridente, il lucido biancore del marmo che riflette il sole. Tutto in questo luogo sembra infondere armonia.  Perfino il panorama è talmente bello da avere un che di mistico. In un solo colpo d’occhio il mare che lambisce le spiagge di Chalong, Rawai, Kata. Una cartolina che imprimiamo per sempre nei nostri ricordi. Rimaniamo in tema e tornando giù andiamo a visitare wat chalong, il più antico e decorato dei 27 templi buddhisti della provincia, nonché il più importante dal punto di vista storico. Il complesso è grandissimo ed ospita diversi edifici tra cui anche una “stupa” contenente, così vuole la tradizione, una reliquia dello stesso Buddha.
Sta per imbrunire, e la passeggiata a bordo dei nostri roboanti due ruote sta per concludersi, e non per coincidenza, a Phromthep Cape .Estremo capo sud dell’isola, questo è il più famoso punto panoramico per osservare il tramonto a Phuket. Una gigantesca terrazza sul mare che raccoglie ogni sera centinaia di turisti e locali accorsi per assistere al momento in cui il sole bacia il mare e si nasconde definitivamente dietro l’orizzonte. In pochi minuti il cielo si dipinge di giallo con intense pennellate di arancione e rosso. Uno spettacolo della natura unico che ha il potere di compiere una piccola magia, rendere silenziosa d’un tratto quella marea umana.

Una, due vele corrono verso la vicina baia di Nai Han dove decine di barche trovano riparo ogni notte.
Dai carretti di venditori ambulanti di cibo arriva un profumo di banane fritte e spiedini di carne.
E questa l’ultima immagine che chiudiamo in valigia insieme al resto.

Un’esplosione di colori e profumi, come sempre un’esplosione di emozioni.

Nel prossimo viaggio esploreremo i fondali dell’oceano Indiano con una splendida crociera subacquea tra gli atolli Maldiviani

A presto, Marco Martella

Tratto dal 'Il parlato' n. 25